di Debora Zagami
Nell’ordinamento italiano gli articoli 14 e 15 della Carta Costituzionale rappresentano l’espressione più alta della garanzia destinata a tutelare il domicilio e la segretezza di ogni forma di comunicazione.
La inviolabilità di questi diritti, infatti, può essere limitata soltanto in virtù di un provvedimento motivato dell’Autorità Giudiziaria.
Analoga tutela è fornita dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU) ai sensi del quale: ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
Non può aversi interferenza di una Autorità Pubblica nell’esercizio di questi diritti, a meno che questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del Paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri.
La riservatezza delle comunicazioni cede il passo davanti alle esigenze di sicurezza e, all’atto pratico, ogni tipo di comunicazione (verbale o scritta) può essere oggetto di un’indagine penale, in quanto rilevante per l’accertamento di un reato o per l’individuazione del presunto colpevole.
Gli strumenti forniti dal codice di procedura penale sono molteplici e si differziano tra loro per il diverso grado di invasività della sfera della privata di ciascuna persona.
La questione riguarda tutti, indistintamente, poiché nel corso di un’indagine penale potrebbe essere necessario svolgere ricerche e accertamenti ad ampio spettro, che (magari soltanto per riflesso, indirettamente) possono incidere sulla privacy di soggetti c.d. terzi rispetto all’indagine, cioé persone del tutto estranee ai fatti di causa, che non hanno commesso alcuna condotta illecita, né hanno in alcun modo coadiuvato condotte criminali.
Si pensi alle investigazioni svolte per risalire alla identificazione degli autori di messaggi minatori inviati con posta elettronica mediante caselle attivate da provider stranieri che hanno sede in Paesi extra UE, come ad esempio il servizio Gmail fornito da Google.
L’Autorità Giudiziaria è legittimata ad acquisire i dati del traffico telematico degli ultimi 12 mesi presso tutti gli Internet Service Provider italiani e attraverso una ricerca mirata (c.d. filtrazione dei dati) potrà risalire ai contatti evenutualmente intercorsi tra gli indirizzi di posta elettronica oggetto di indagine (account extra UE) e account di posta elettronica nazionali.
Se l’account di posta elettronica attivato su un server “straniero” è stato utilizzato per comunicare con un account di posta elettronica attivato su un server “italiano” gli Investigatori potranno chiedere l’acquisizione di tutta la giacenza di posta elettronica a decorrere dalla data di attivazione della casella.
Secondo la giurisprudenza di legittimità ogni comunicazione giunta a destinazione (posta in arrivo o posta inviata) o anche semplicemente in giacenza all’interno della cartella bozze, così come ogni file allegato o archiviato in una quallsiasi cartella della casella di posta elettronica, costituisce documentazione (digitale) che può essere acquisita in quanto nella disponibilità del titolare del server che ospita la casella di posta elettronica.
E’ bene ricordare che la procedura di acquisizione con ordine di esibizione dell’Autorità Giudiziaria, a differenza della procedura di sequestro in seguito a perquisizione, non deve essere portata a conoscenza del soggetto terzo titolare del documento.
Se oggetto di indagine è un documento cartaceo detenuto presso un terzo estraneo all’indagine, necessariamente gli Inquirenti dovranno procedere a perquisizione o richiesta di consegna e sequestro, ma se si tratta di un documento digitale (file) in giacenza su un server italiano sarà sufficiente notificare l’ordine di acqusizione al provider e il terzo, in teoria, potrebbe non venire mai a conoscenza che con un semplice click tutto il contenuto della propria casella di posta elettronica è stato acquisito agli atti di un’indagine penale.