di Debora Zagami
Nel caso in esame la questione sottoposta al giudizio del Tribunale per i Minorenni ha avuto ad oggetto una rissa, nel corso della quale il minore si è attivato per la difesa dei propri genitori, aggrediti sul posto di lavoro.
All’epoca dei fatti il minore aveva 16 anni e la sua reazione non è stata ritenuta giustificabile dalla scriminante della legittima difesa.
Il Tribunale tuttavia ha compreso le ragioni del ragazzo, al quale nel corso dell’esame dibattamentale sono state poste molte domande proprio in merito allo stato d’animo in cui lo stesso si è trovato al momento di dover prendere la decisione di agire.
Ne è conseguita sentenza di assoluzione per immaturità.
Ritiene il Collegio che si sia integrato il profilo della immaturità in capo al minore imputato che, verosimilmente, senza capacità critiche ed emotivamente coinvolto a difendere ambedue i genitori aggrediti e feriti, ha agito d’impulso, non valutando le conseguenze del suo agire, in considerazione della particolare sensibilità del medesimo e della conseguente sua condizionabilità dal contesto circostante.
Ritiene quindi il Collegio che il grado di immaturità del ragazzo imputato, nel caso di spece di appena sedici anni e in una situazione di estremo rischio per i suoi genitori, integri una situazione clinica e sociale tale da escludere, al momento della commissione del fatto, le sue capacità di intendere e volere il fatto antigiuridico commesso (il giovane più volte ha lasciato intendere di avere agito nella convinzione di dover legittimamente difendere i suoi genitori ed anche se stesso da un male ingiusto), di talché si impone una declaratoria assolutoria.
(Tribunale per i Minorenni di Roma, sentenza n. 41/2024)